martedì 13 marzo 2012

Quando non sai cos'è, allora è jazz

Love Remains - Bobby Watson

Guardo verso il palco. Un pianoforte, un contrabbasso, un sax ed una batteria un po' anonimi, immersi in una luce calda che si riflette sugli strumenti facendoli luccicare.
E' principalmente la curiosità che mi ha portato ad uscire in questa tiepida serata di marzo. A Bollate si tiene la sedicesima edizione di un festival di jazz, mio papà e mio fratello vi hanno già partecipato negli anni precedenti e son sempre tornati soddisfatti, in più per i giovini c'è un super sconto. Perchè no, insomma. Dopotutto la mia conoscenza del jazz si limita agli Aristogatti, e male che vada lì si fermerà.
Mentre attendo l'inizio mi guardo intorno, anzi in basso perchè siamo un po' sopraelevati, e mi stupisco nel vedere un considerevole numero di giovini. Ingenuamente mi aspettavo un pubblico di matusa intellettualoidi e pure un po' snob.
Ma le mie osservazioni vengono presto interrotte, si abbassano le luci e fanno il loro ingresso 4 uomini di colore. Stranamente loro invece rispettano la mia immagine mentale del jazzista: completo scuro con farfallino, o dolcevita scuro con giacca e cappello. Quando parlano hanno la voce dei neri, un po' rasposa e profonda. Le chiacchiere durano pochissimo, è ora di far parlare la musica.
Attaccano, ed improvvisamente tutto si tinge di bianco e nero. Sono al tavolino di un bar, con una lampada dalla luce bianca fortissima che illumina un bicchiere di una qualche non ben identificata sostanza alcolica. Sono tornata indietro di più di mezzo secolo, ed intorno a me ci sono gangster in giacca e cravatta col cappello sulle ventitrè che parlottano foschi tra di loro. I pensieri mi arrivano come una voce fuori campo, dal tono basso, affascinante e beffardo. Anche la lista della spesa potrebbe sembrare il linguaggio in codice per parlare del prossimo colpo in banca.
Cambia il pezzo, e da quel bar chissà come mi ritrovo in un grande salone agghindato e lustro, a ballare con uno sconosciuto alto ed elegante. Sono nella pista da ballo di una nave (molto probabilmente il Virginian), infatti si oscilla un po'. L'atmosfera è gioiosa, sembra che tutti si stiano divertendo, specialmente il pianista..
Mi risveglio un po' da queste fantasie, inconfutabile sintomo della mia mente facilmente suggestionabile, e presto attenzione agli strumenti. Non si sente la mancanza di una voce, perchè il sax ha qualcosa di profondamente umano nel suono. E' incredibile come sembra che ognuno parli una sua lingua, insegua una sua personale melodia, e sorprendente scoprire come in realtà poi queste quattro voci si fondano meravigliosamente bene. E' come se un italiano, un inglese, un cinese ed un russo discutessero tra di loro ognuno nella sua lingua madre, e poi iniziassero tutti insieme a cantare in portoghese! Forse l'esempio non è proprio calzante, ma la mia formazione scolastica questo mi fornisce.
Esco dall'auditorium appagata da quello che ho scoperto. Ci sono altre 2 serate in programma, sono proprio curiosa di vedere cosa mi proporranno. Come per qualsiasi genere musicale esistono vari stili, e adesso sono ancora più motivata ad approfondire questa conoscenza.