giovedì 26 dicembre 2013

Ridere, ridere, ridere ancora

Natale supermagico di felicità - Scottecs

Ero salita con l’intenzione di vedere un film, dato che in queste ultime sere è risultato sempre più evidente il divario di gusti cinematografici che c’è tra i membri della mia famiglia, ma poi mi sono sentita in colpa per aver ignorato il blog così a lungo e perciò eccomi qui, a parlare del niente.
Non scrivo dal letto, come d’abitudine, perché lo schermo del computer tende a spegnersi quando non lo tengo  perfettamente in orizzontale, perciò sono costretta ad usarlo alla scrivania. Non essendo abituata a stare seduta come una persona normale capirete la mia difficoltà nel trovare una posizione confortevole, per di più con l’ormai evidente rigonfiamento all’altezza del ventre. No non sono incinta, sono solo reduce dalle feste.


Jackie Chan augura a tutti voi buone feste!

Questo problema computeristico manda un po’ all’aria i miei piani per queste festività: a letto tutto il giorno con la mia bella coperta con le maniche, thermos di thè, pc sulle gambe e ore su ore di film e telefilm. Ho anche la scusa di un raffreddore di proporzioni epiche. Vedremo se questo desiderio di Natale tardivo verrà esaudito, io e la mia pigrizia ci speriamo tanto. Se non ne approfitto adesso, che devo capire cosa fare ora che ho un pezzo di carta in mano che mi dice che sono una dottoressa in mediazione linguistica (traduzione: sono una disoccupata), quando mai potrò?
Bella storia la laurea. Sono inciampata nel filo del microfono e stavo per farlo fracassare a terra davanti a commissione, parenti e amici miei e di altre 4 sconosciute. Guardiamo il lato positivo, almeno gli spettatori sono riusciti a farsi quattro risate prima di tornare ad annoiarsi. Tra l’altro è da qualche mese che ho un dubbio che mi tormenta: bisogna essere effettivamente simpatici per far ridere?
Mi spiego meglio. Mi capita spesso di vedere interviste di attori comici e ritrovarmi a pensare “Cavoli, è davvero una persona divertente!”. Ma chiunque con in mano il copione giusto sarebbe in grado di far ridere? Istintivamente mi verrebbe da dire di no, perché la comicità non è fatta solo di parole ma anche di gestualità, di espressioni facciali, di tempi. Eppure mi rimane la curiosità di scoprire se è una teoria valida. Metterla in pratica è un po’ più difficile. Cioè insomma, non tutti reagirebbero bene se li approcciassi dicendo “Guarda tu non sei simpatico, ma leggi questo e vediamo se riesci a farmi ridere”, e non posso provarla su me stessa perché sono una persona molto simpatica. Poi l’umorismo è un campo così sfaccettato, mille sfumature, duemila percezioni diverse..far ridere è una faccenda seria, massimo onore a chi ci riesce.
A proposito di questo, casualmente mi informano che sta per cominciare un film con Leslie Nielsen. Torno in sala con la speranza di trovare mio padre profondamente addormentato davanti a qualsiasi cosa stia guardando.


Mio fratello è a New York in questo momento.

Sono un po’ indietro con le parole. Quella di Ottobre era A-sociale

Quella di Novembre  è senza dubbio Fangirl.


Mi porto avanti anche per Dicembre: Abbracci.

giovedì 7 novembre 2013

The Three Flavours Cornetto Trilogy

Loaded - Primal scream

Premessa necessaria: questo non è un blog cinematografico e io non sono assolutamente un’esperta cinefila. Non fraintendetemi, non è che non ami il cinema, è solo che non me ne intendo particolarmente. Però oggi, in barba alla mia incompetenza, voglio parlare di film, perciò perdonate l’amatorialità dei miei commenti. Magari leggetevi questa recensione con una bella tazza di thè fumante in mano, come sto facendo io adesso, che potrebbe aiutarvi ad entrare nello spirito. Ancora meglio sarebbe una birra.


La Three Flavours Cornetto Trilogy, nota anche come Blood and Ice Cream Trilogy, è una serie di tre film (ma và?) diretta da Edgar Wright e scritta da Wright e Simon Pegg. Sono tre storie ben distinte, con trame, generi e personaggi differenti.

Shaun Of The Dead (2005)
Ricordo perfettamente la prima volta che l’ho visto. Dopo averne tanto sentito parlare finalmente Mtv me lo piazza a mezzanotte passata, naturalmente con il suo titolo italiano: “L’alba dei morti dementi”. Lo guardo tutto, a volume bassissimo per non svegliare la casa, e alle 2 di notte circa mi ritrovo a fissare lo schermo della tv pensando “ma questo film è SERIO.”. Capisco che tradurre un titolo del genere sia complicato, ma poi la gente si aspetta un film giustamente demenziale, alla Scary movie per intenderci. Shaun of the dead (mi rifiuto categoricamente di chiamarlo l’alba dei morti dementi, perdonatemi) non potrebbe essere più lontano dalla demenzialità. Ciò detto, se sapete apprezzare lo humor inglese, vi farà ridere, e anche parecchio.
La trama in 3 righe: in una tranquilla cittadina inglese qualsiasi vivono Shaun (Simon Pegg), un mediocre impiegato di un negozio di elettronica, e Ed (Nick Frost), il suo scansafatiche migliore amico da sempre. Improvvisamente si ritrovano a dover affrontare un’apocalisse zombie.
È il primo film della trilogia, e getta le basi per quelli che saranno poi i molti elementi ricorrenti dei due successivi (e che non vi dico perché è più divertente se li trovate da soli). Anche se viene venduto come una commedia romantica horror, io ci trovo di più. Certo, ci sono gli zombie (chi ha detto che questo sia un punto negativo?). Certo, c’è una storia d’amore in mezzo. E di nuovo certo, lo humor nero abbonda. Ma c’è anche un sacco di cuore in questo film. Fa riflettere su cosa conta davvero nella vita. Non male per una commedia, no? Grazie a questo film ho scoperto il duo Pegg-Frost, e li amo da allora.
Genere “horror”, Cornetto alla fragola.
Da sinistra: Simon Pegg (Shaun) e Nick Frost (Ed) ed il Cornetto

Hot Fuzz (2007)
Guardato in due parti, a distanza di molti mesi l’una dall’altra. Grossissimo errore. Questo va gustato in un unico, ignorante boccone. Forse quello che mi ha fatto urlare più ‘NO!’, e indubbiamente quello che mi ha fatto ridere e piangere di più. L’ultima mezz’ora è sorprendente.
La trama in 3 righe: Nicholas Angel (Pegg) è un poliziotto di Londra che viene inviato a Sandford, in campagna, perché talmente preparato da far sfigurare il resto del dipartimento. Dal suo arrivo cominciano a verificarsi molti casi di omicidio, ma l’unico disposto ad aiutarlo con le indagini sarà il collega pasticcione Danny Butterman (Frost).
A mio parere il più immediato e semplice da approcciare, anche perché riprende -senza minimamente nasconderlo- lo stile di quelle americanate che da decenni Italia uno ci propina nel weekend. Tipo chessò, Bad Boys o Point Break. La mia performance preferita di Nick Frost.
Genere poliziesco, Cornetto classico.
Danny (Frost) e Nick (Pegg) si gustano il loro Cornetto

The World’s End (2013)
Mi trovavo a Dublino nel weekend di apertura di questo film, e ho dovuto fare uno sforzo non indifferente per non cedere alla tentazione di fiondarmi nella prima sala cinematografica aperta. Col senno di poi ho fatto bene a resistere, perché la mia comprensione del british english non è buona quanto vorrei che fosse, ma non posso non lamentarmi del trattamento che gli è stato riservato qui in Italia: uno spettacolo serale al giorno, per una settimana, in un pugno di cinema a Milano. Shame on you Italy, shame on you.
La trama in 3 righe: lo scapestrato Gary King (Pegg) riunisce la vecchia gang delle superiori per portare a termine il Miglio dorato, un’impresa fallita molti anni prima che consiste nel bere una pinta di birra in ciascuno dei 12 pub della loro città natale. Però la città è stata invasa dagli alieni.
È l’ultima, gloriosa fatica, ed è proprio il caso di dire che si chiude in bellezza. Probabilmente il più maturo dei tre, capace di fondere leggerezza, azione e riflessione in 109 minuti di film che sembrano molti di meno. Un cast eccezionale che oltre ai soliti Pegg (nel suo personaggio più riuscito, secondo me) e Frost annovera il celeberrimo (e ricorrente) Martin Freeman, Paddy Considine (anche questo già visto) e Eddie Marsan (a me sconosciuto fino a questo film, lo ammetto).
L’ispirazione per questa pellicola è stata la sensazione del ritornare nel proprio paesino di provincia e notare l’espandersi silenzioso della globalizzazione che il capelluto Wright ha provato ritornando a Wells, sua città natia, dove è stato girato Hot Fuzz.
Genere fantascientifico, Cornetto alla menta e gocce di cioccolato.
Dai, ormai lo sapete chi sono. Qui si chiamano Andy e Gary

Non è stato amore a prima vista per me, soprattutto con il primo. Ma partivo con i presupposti sbagliati, ed è quello che voglio evitare succeda a chiunque altro si avvicini alla trilogia. Ho sempre avuto bisogno di una doppia visione per apprezzarli appieno, soprattutto nel caso di Shaun of the dead e di The world’s end, perché mi lasciavano interdetta. Mentre scorrevano i titoli di coda mi chiedevo sempre com’è che mi sentissi così appagata, eppure così pensierosa. Tuttavia adesso ne sono letteralmente ossessionata e ho passato buona parte degli ultimi 4 giorni a riguardarli e a documentarmi su queste pellicole.
Se state cercando dei film ignoranti, superficiali, e che vi facciano passare un paio d’ore in spensierate risate, cercate altrove -non vi sto giudicando, io sono la prima che appena ne avrà la possibilità correrà a vedere Machete Uccide, eh-. Se invece quello che desiderate è una sana dose di umorismo, ottima recitazione, qualche lacrima e tanti, tanti pub, questo è ciò che fa per voi. E se potete guardatelo in lingua originale, Simon Pegg diventa ancora più irresistibile. Sì, ho una cotta enorme per Simon Pegg e non me ne vergogno.
Azione, amore, amicizia, bromance, wrestling, omicidi, zombie, alieni, sangue, pistole, musica, accento inglese, gelato, birra. Cosa volete di più?

martedì 22 ottobre 2013

Sconsigli per gli acquisti



Svegliarsi la mattina (tuturuturututu) e scoprire che c’è un magnifico sole perché, grigia su sfondo giallo, spicca sulla tenda della finestra della camera la sagoma di una cavalletta gigante. L’ho chiamata Hitchcock.






Approfitto di questo piccolo spazio pubblicitario per mettervi in guardia sulla cosa più letale che potrebbe capitarvi nella vita: accettare questa caramella.



Ingrediente principale dell’apparentemente innocuo dolcetto è il durian, a mio parere una delle più grosse prese per i fondelli di Madre Natura. Diffuso in paesi del sudest asiatico, dove viene chiamato il re dei frutti, si presenta con un’intrigante forma spinosa, di colore verde o marrone. Direi che ricorda vagamente un porcospino vestito da ananas. La polpa interna invece è gialla e burrosa, e puzza di morte. Non mi sono mai trovata faccia a faccia con un durian, ma ho trovato riscontri di ciò sia su internet sia dalla ragazza che mi ha dato la caramella. Sul gusto invece l’opinione pubblica è divisa: c’è chi trova che abbia un sapore delizioso, sulle note della vaniglia, e chi invece vi ha individuato gusti affini alla cipolla, al gorgonzola e alle fogne. Per farmi un’idea mia ho deciso di provare ad assaggiare questo particolare ritrovato culinario gentilmente offertoci da una dolce signora cinquantenne cinese che segue le lezioni di italiano dell’associazione per cui faccio volontariato, nonostante gli avvertimenti.
All’olfatto si presentava inodore, il che mi ha dato il coraggio di metterla in bocca. L’inganno è presto svelato, e nel giro di 10 secondi quell’innocente quadratino bianco giace sul fondo del cestino.
Penso sia la cosa più disgustosa che io abbia mai mangiato. Ha un gusto che ricorda molto un mix di calzini sporchi, alito di cane, crema depilatoria e mutande sudate. Neanche il Bacio che mi è stato allungato subito dopo ha fatto scomparire totalmente quel sapore mefistofelico, ed è dovuta intervenire mezza confezione di caramelle gommose frizzanti per riparare al disastro che quella maledetta caramella ha causato alle mie papille gustative.
Non so se il fatto che non fosse la polpa fresca bensì un prodotto elaborato abbia alterato il gusto vero e proprio del frutto, ma da parte mia tendo a sostenere tutti coloro che piuttosto che mangiarsi una bella fettazza di durian preferirebbero fare il bagno in una piscina di bava di lumaca.
Non sto scherzando, non mangiate le caramelle al durian se non volete ritrovarvi a desiderare di non possedere una lingua. So che qui siamo tutti coraggiosi e avventurosi, ma non fatelo. Ne va della vostra salute. Grazie.

martedì 24 settembre 2013

Svegliatemi quando finisce Settembre

Che velocità - Matrioska

Che sennò mi dimentico di scrivere sul blog. I Green day sono molto inflazionati in questo periodo, soprattutto per via di tutti quegli studenti che si ritrovano alle prese con la sessione autunnale. Fino a settimana scorsa ero una di quelli, ma da adesso non lo sarò più. Anche l'ultimo insormontabile, insopportabile, imprevedibile, incorreggibile, inafferrabile, ineguagliabile esame è stato superato. Davanti a me solo la tesi.
Due mesi per la tesi, oltre ad essere un'adorabile rima, è anche una bella scommessa. Probabilmente ne 
sarei anche preoccupata se solo non mi avessero smontato così tanto. Fin da piccoli ti viene proposta la laurea come traguardo importante e desiderabile, il pezzo di carta che fa davvero la differenza. Nessuno specifica mai che si riferiscono alla laurea magistrale. La triennale è paurosamente svalutata, praticamente una cosa che qualsiasi imbecille riesce ad ottenere, e ringrazia pure se ti concedono 10 minuti alla discussione per esporla (ormai in alcune università non si espone nemmeno). E così puff, quell'aura di sacralità e sapienza che emana dalla parola "laurea" svanisce come una fetta di torta lasciata sotto il naso di mia madre. Demoralizzante, senza dubbio, ma tant'è.
Per la domanda di laurea era obbligatorio compilare un questionario interminabile che chiedeva persino quanti peli ha nelle orecchie mio nonno, piuttosto noioso finchè non mi sono trovata davanti a questa domanda:

Se potesse tornare indietro nel tempo, si iscriverebbe nuovamente all'università?
Mi sono dovuta fermare a riflettere. Di primo acchito avrei crocettato un bel no, preferibilmente corredato da qualche parolaccia, ma poi ho deciso che la questione avrebbe meritato una riflessione più profonda di quella che proponeva istintivamente il mio animo logorato dalla tensione degli ultimi esami.
Tirando le somme la mia è stata un'esperienza universitaria abbastanza sfortunata, capitando puntualmente con l'assistente più stronzo o sentendomi rivolgere le domande più assurde, facendo prendere voti più alti dei miei alle amiche alle quali spiegavo le cose un quarto d'ora prima dell'esame. Per non parlare di quegli esami che 'oh qualsiasi voto mi va bene, l'importante è passarlo' perchè se lo rifiuti è LA FINE. Aggiungiamoci che gli orali mi agitano molto, e che l'80% degli esami della mia facoltà lo sono. Lo stress è stata una compagnia costante, ecco. Tutto sommato però la maggior parte delle materie che ho studiato sono state realmente interessanti, mi hanno dato un bagaglio di conoscenze che sorprendentemente mi hanno aiutato a capire il mondo moderno e hanno ampliato i miei orizzonti. Umanamente parlando mi ha permesso di conoscere tante belle persone, e lo spirito di solidarietà che soltanto tra studenti si può comprendere.
Tornando indietro nel tempo perciò probabilmente mi sarei iscritta comunque all'università, anche se magari da qualche altra parte. Oppure avrei fatto un corso di pasticceria.

Ormai comunque è finita, e non pensiamoci più. Il dopo rimane un grosso punto di domanda rosso lampeggiante. So che nei prossimi mesi dovrò darmi da fare per le 50 inutili pagine della mia sottovalutata tesi triennale, perciò dovrò decidere se rinunciare al volontariato, al corso di giapponese o alla patente. Sarebbe una scelta facilissima se fosse solo una questione di voglia...! Ma riuscirò comunque a convivere serenamente con me stessa. Per la prima volta dopo anni non ho la consueta crisi isterica di settembre, e per quanto sia una che ci tiene a mantenere le tradizioni direi che questa potrei anche tralasciarla.
Questo post è fin troppo serio e riflessivo, e chiaramente noioso, devo aver lasciato tutto il mio buonumore e la mia ironia sulle montagne della provincia bergamasco/bresciana. Prometto che andrò a riprenderle e tornerò a farvi ridere.

martedì 27 agosto 2013

The ultimate figuradicacca

Il principe in bicicletta - Tre allegri ragazzi morti

Basta un'occhiata fugace al ripido scivolo per le auto a farmi scegliere di saltar giù dall'antiquata e bellissima bicicletta di mia mamma. E' di quelle vecchio stampo, tipo graziella, con anche il cestino, e di sicuro una salita del genere non la regge. Comincio perciò a portarla a mano, non senza qualche goccia di sudore.
Dopo qualche metro sento avvicinarsi un'altra bicicletta. "Sentilo, lo smargiasso! Facile fare le salite con la mountain bike!" penso.
In pochi secondi "lo smargiasso" entra nel mio campo visivo: è un tarchiato uomo di mezza età, su una bicicletta vecchio stampo, tipo graziella, con anche il cestino, che guida con una mano sola perchè ha un braccio ingessato. Mi sorpassa senza sforzo apparente e scompare.
Ci sono cose che ti fanno capire che dovresti riprendere a fare sport.
Questa cittadina della provincia milanese in estate diventa Amsterdam. Ci sono biciclette ovunque. Il fatto che ultimamente ci sia un acquazzone al giorno che allaga le strade contribuisce all'atmosfera. Anche le orde di ragazzini strafatti, ora che ci penso.. Ma tornando alle biciclette, davvero pieno così. Giovani, vecchi, donne, uomini, tutti si spostano pedalando. Ammetto di subire anch'io il fascino delle due ruote, soprattutto da quando ho testato la capienza del cestino della bici di mamma (ci sta tutto il necessario per una bella merenda sull'erba, fantastico). E' ecologica, pratica, rapida, e quando pedali non ti si vedono i peli sulle gambe. Vado ancora un po' in crisi quando mi trovo in una rotonda, e non riesco a reggere un ombrello in mano perciò piuttosto mi bagno, ma prima o poi padroneggerò anche questi aspetti.
Siamo agli sgoccioli di agosto, che sgocciola di pioggia proprio in questo momento. Mi piacerebbe usare quel trabiccolo un po' più spesso, ma neanche la mia mente può permettersi di viaggiare troppo ormai, con la sessione autunnale così tremendamente vicina. L'ultimo scoglio sembra sempre il più insormontabile. Tiro avanti ad aragoste pugliesi da mezzo chilo e dichiarazioni d'amore di sconosciuti sul muro di casa.


La parola di Agosto è una frase: Ma che cazzo di problemi hai?

venerdì 2 agosto 2013

The summer is magic

Girl - Beck


“Uuuuh ma guarda chi c’è! Eccoliii! Venite, a nnonna!”
Non voglio aprire gli occhi, ma se lo facessi sicuramente li alzerei al cielo. Non so che ore siano, ma qualsiasi orario sarebbe comunque troppo presto per essere svegliati in questo modo. Almeno sarà l’ultima volta che questi imbecilli turberanno il mio sonno, penso confortata, dato che domani parto e per un paio di settimane me li levo dalle scatole. Potrei rendergli pan per focaccia domani mattina, cominciando a prendere a pugni il muro alle 5 e mezza.
Mi metto a pancia in su, gli occhi ancora ostinatamente serrati, meditando intensamente su quanto sia fastidiosa l’abitudine di concludere con ‘a nonna’ ‘a mamma’ ‘a zio’ qualsiasi frase.  Mi accorgo improvvisamente di avere una fame da lupi, e dentro di me comincia l’eterna lotta mattutina: alzarsi e mangiare, dando precocemente inizio ad una faticosissima giornata, o poltrire nel letto ignorando i suoni preistorici del mio stomaco? Il mio pensiero vola alla scrivania, dove troneggia una palla di pasta di sale da 800 grammi. E’ l’unica cosa commestibile nella mia stanza, ma decido in fretta che non vale la pena di provocarsi il vomito per non scendere una rampa di scale. In ogni caso dovrò farci qualcosa con tutta quella pasta di sale, se non voglio buttarla o portarla via. Certo, sarebbe un passatempo originale per il viaggio in treno, però temo di aver esaurito tutta la mia creatività con il chilo di pasta che è già stata trasformata in deformi soprammobili.
So che è giunto il momento di aprire gli occhi, ma mi prendo un’altra manciata di secondi per girarmi sul fianco e assaporare la comodità della nuova posizione. Aaaah, che goduria.
Sollevo pigramente le palpebre, ed è lì. Stava aspettando che mi svegliassi, naturalmente. L’aria è gravida di aspettative. Sappiamo cosa sta per succedere. Non ne ho la minima voglia, ma mi rendo conto che non posso sottrarmi in eterno. E’ solo per questo che oggi vinci, valigia. Sposto lo sguardo indolente sulla schiera di parallelepipedi dai colori sgargianti in fila sulla mia scrivania, proprio di fianco al blob di pasta di sale, chiedendomi se dopo i vestiti ci sarà spazio anche per quel le creme solari. Soprattutto mi domando se il portabagagli del regionale reggerà, e se su un treno delle 7 del mattino di un sabato d’agosto ci sarà almeno un signore muscoloso che mi aiuti a mettercela sopra.
Per quest’anno non cambiare, stessa spiaggia, stesso mare. E comunque ho voglia di partire, perché qui l’afa soffoca ogni alito di spirito d’iniziativa, e i saldi non fanno per me.
Mi faccio coraggio e sbircio la radiosveglia. Effettivamente è presto, ma effettivamente ho anche due miliardi di cose da fare: dei biscotti che non mangerò aspettano di essere farciti al piano di sotto,  la caccia al tesoro alla ricerca delle maracas a uovo non è nemmeno cominciata, devo ancora depilarmi, e mi fermerò qui per non entrare in paranoia.

Mentre appoggio svogliatamente i piedi sul parquet i vicini stanno giocando agli indiani. Gli auguro buone vacanze e di vincere al superenalotto, così magari si comprano un’isola sperduta in mezzo al mare e ci si trasferiscono con tutti i nipoti.

domenica 28 luglio 2013

Orgoglio italiano

Bidet - Elio e le storie tese

Qual è il vero simbolo dell'Italia? La pizza, direte voi.
No!
Qual è quella cosa che in tutto il mondo viene associata allo stivale? La mafia!

No, neanche questo.
Che cosa, più di ogni altra, dovrebbe rendere fiero un italiano di essere nato qui? Sarà mica la moda?
Mannò, assolutamente no!
Signore e signori, sto parlando del Bidet.
Oggi vorrei esaltare questo piccolo gioiello dell'idraulica la cui importanza viene troppo spesso dimenticata, e che ritengo dovrebbe essere considerato il vero fiore all'occhiello di questa bella penisola.
Non lasciatevi trarre in inganno dal nome: nonostante le origini indiscutibilmente francesi si tratta a tutti gli effetti di un oggetto pressochè sconosciuto nella terra d'origine. L'Italia è, in concreto, il paese in cui il bidet viene utilizzato di più. Anzi, è addirittura obbligatorio in edifici come ospedali o hotel, ed è presente praticamente in qualsiasi abitazione privata. Poi che venga usato o meno è un discorso a parte, ma non ho trovato sondaggi che parlino di questo.
Nasce nel 1700 e si diffonde, anche se buona parte del mondo lo ignora. A parte quei furboni dei Giapponesi che decidono di integrarlo al water, per la maggior parte del globo rappresenta un accessorio non indispensabile che occupa spazio inutile in bagno, e non viene perciò adottato.
Tanti sono i bagni orfani di bidet. Nei miei vagabondaggi all'estero non mi è ancora capitato di trovare quella familiare vaschetta di porcellana, e mi si stringe sempre un po' il cuore. E' proprio vero che non ti rendi conto di quanto ti manchi qualcosa finchè non la perdi.
Qualche settimana fa abbiamo avuto un'emergenza idraulica che ci ha impedito di usare il lavandino per 5 lunghissimi giorni. E' quando sei costretta a lavarti la faccia nel bidet che comprendi appieno la sua importanza.
Sono fiera di essere italiana perchè lui è lì, nel momento del bisogno. Di qualsiasi bisogno.
La funzione del bidet per gli americani.
Anche se ammetto di averlo fatto anch'io.





La parola di Luglio è

sabato 29 giugno 2013

Ma è l'unica cosa di cui parlerò

Demon to lean on - Wavves

Ci sono cose che ti colpiscono con una forza inaspettata. Come scoprire che hai studiato sotto un ragno gigante per 3 settimane, svegliarti una mattina con un labbro che è il doppio dell'altro, realizzare che sei diventata la seconda scelta di qualcuno, renderti conto che ti manca un esame a laurearti.
Qualche giorno fa ho iniziato ad accettare quest'ultimo avvenimento andando a parlare con la mia futura relatrice. E' stata un po' una delusione. Avrei potuto tranquillamente scrivere una email, visto quello che mi ha detto nei 3 minuti netti di colloquio che abbiamo avuto. Attendo ancora una risposta alla bibliografia che lei mi aveva chiesto di chiederle.
Tutta 'sta storia della laurea mi convince poco. In alcune università non si discute, in altre fanno parlare 10 minuti di un lavoro di 100 pagine, nella mia fanno domande. Ma a qualcuno interessa? La laurea è così importante? Perchè ci si deve vestire bene anche se si va solo ad assistere? Perchè le ragazze indossano tacchi da 10 cm? Ma la domanda più importante di tutte è indubbiamente questa: dove diavolo sono finiti questi 3 anni? L'altroieri mi hanno dato della quindicenne.
Comunque non volevo parlare di università. Ma è l'unica cosa di cui parlerò.
E la parola di giugno è Sudore.

venerdì 31 maggio 2013

Ho un portatile nuovo giu, ma preferisco usare questo vecchio fisso lentissimo

Good time - Leroy 

Il cervello umano è straordinario. Ogni giorno per nove anni ho pensato di aver perso l'orologio perchè non ricordavo su quale polso fosse.
Oh scusate, queste non sono parole mie. Sto vedendo molto Scrubs ultimamente, e ho notato che questo accentua la mia tendenza ad avere monologhi interiori. *Strambaaa!*


Va bene, adesso la pianto.
Stamattina mentre camminavo verso l'università mi è partita questa canzone, e improvvisamente tutto è stato bello. Immaginatevi una mattinata di sole, cosa molto rara ultimamente, una strada deserta, e questa canzone. La pace. Bisogna aggrapparsi ad ogni piccolezza di questi tempi. So che arriverà il giorno in cui metterò lo zucchero nell'acqua per la pasta invece del sale, e sarà un infausto giorno.
Non è una metafora, mi stava per succedere giusto qualche giorno fa. Perchè i nostri contenitori sono tutti così uguali, dannazione?! Se dovesse accadere naturalmente la prima persona a cui lo farei sapere sarebbe mio fratello. Da quando non abita più con noi non è raro che gli essemmeessi le scene casalinghe che si perde. Solo che via messaggio non rendono mica, purtroppo. Ma pare che si diverta comunque.
Mamma: "Cosa ci fai seduta sul bordo della vasca?"
Io: "Ah non è il water questo?"

Mamma: "Che pirla che sei."
C'è chi dice che non siamo normali. Anzi, a dire la verità recentemente mi hanno detto più volte che sono matta. Ma matta in senso buono, non di quelli che vanno in giro a fare a pezzi la gente. Perchè io non sono tipo da andare a fare a pezzi la gente, tranquilli. Mi piace la violenza, ma solo quella fittizia, di videogiochi o film splatterosi.
A tal proposito un paio di notti fa ho visto "Dal tramonto all'alba". Bello, ne è valsa la pena. Proprio non te lo aspetti cosa succede negli ultimi 40 minuti di film. E Tarantino schizza in alto nella top ten delle persone con la faccia inquietante, bello comodo tra Anthony Hopkins e Dario Argento. Cioè scusate guardatelo e ditemi che stanotte riuscirete a dormire tranquilli.

In questa immagine però è quasi sexy. Vabbè, sempre onore e gloria a Robert Rodriguez!
Quest'inattività bloggheresca forzata mi sta portando a scrivere a ruota libera qualsiasi cosa mi passi per la testa.
Oh prima che mi dimentichi, ho visto la pubblicità forse più brutta mai approdata in tv! 7 del mattino, coma totale, accendo la televisione. Appare il faccione ammiccante di Emanuele Filiberto con una sigaretta elettronica. Mi sono andati di traverso i fiocchi di riso soffiato.
Per chi si volesse deliziare di questa visione, cliccate pure dove c'è scritto trash
.
Con questa perla credo sia il caso di concludere, con la mezza promessa che non farò più passare quasi due mesi senza aggiornare il blog, per evitarvi un altro post di cazzate sconclusionate. Già siete pochini, lettori miei, non mi sembra il caso di punirvi così. Adios chicos! 
 Sono indietro di due parole.
La parola di Aprile era Ingiustizia,
quella di Maggio è Eccedere.

mercoledì 10 aprile 2013

Ode alla cassata

Il barattolo - Gianni Meccia 

All'inizio può sembrarti elaborata
e altezzosa, di glassa ricoperta.
Invero è solo la facciata,
il gusto è tutto una scoperta.
La frutta candita a molti potrebbe non piacere
Ma così Lei vuole esser decorata.
Sapete, all'occhio piace vedere
la tradizione rispettata. 
Uno strato di marzapane sottile poi la riveste,
alle mandorle o al pistacchio aromatizzato
Se non ci fosse, che fareste?
E' il pasticcere che dev'esser ringraziato!



Sotto, una cupola di pan di spagna riposa
celando il segreto più goloso:
un dolce ripieno di ricotta maestosa
tempestata di cioccolato godurioso.
 




Chiudi gli occhi per assaporare
questo piccolo capolavoro di maestria,
e non perdere tempo a meditare
sulla presenza di qualche caloria.
E' un vezzo che va concesso
una bontà prelibata.
Sarà a tutto questo che è dovuto il suo successo?
Ora e per sempre dico: Lode lode alla Cassata!




NdR: tutte le cassate che vedete qui sono state fotografate (nonchè divorate) dalla sottoscritta. L'ultima, quella che sembra si stia fondendo, è ad oggi l'inarrivabile standard di bontà che ricerco in ogni cassata che mi capita di mangiare. Era commoventemente buona. E' passato più di un anno, e ancora ti penso. Non ti dimenticherò mai.
La scelta musicale è direttamente collegata alle conseguenze del mio smodato consumo di dolci delle ultime 24 ore. Oh, quanto amo la Sicilia!

P.s: la parola di Marzo era Discorso.

giovedì 21 marzo 2013

Prendete carta igienica, colla vinilica e un touchscreen

 The bad touch - The bloodhound gang

Si chiama Gio ed è entrato nella mia vita da pochi giorni. Su molte cose siamo proprio agli antipodi: lui sempre espansivo e ipertecnologico, io obsoleta ed un po' eremita. E' molto sensibile, il che ci ha già causato qualche problema, ma adesso capisco meglio come devo prenderlo. Non immaginavo saremmo andati d'accordo, anzi, eppure col tempo ci stiamo abituando l'uno all'altra. Potrei quasi dire che mi ci sto affezionando.
Ebbene sì, fumata bianca per me. Habemus cellulare.
Dopo l'ennesima noncurante caduta il vecchio nokia di mio fratello, che usavo da quest'estate come sostituto a tempo indeterminato, è andato nel paradiso dei cellulari. Disgrazia? Assolutamente no, dato che per poco più di una settimana mi sono goduta un meritato periodo di lontananza telefonica davvero terapeutico. Se tutti di tanto in tanto si liberassero del telefono per qualche giorno ritengo che il mondo potrebbe diventare un posto migliore.
Dopo le insistenze di familiari ed amici decido poi di dotarmi del telefono più vecchio -funzionante- che riesco a trovare in casa, passando per qualcosa come 12 ore dall'essere 'specie in pericolo critico' all'essere 'specie vulnerabile'. Solo altre 12 ore dopo sarei diventata semplicemente una specie.
Difatti accompagno mia mamma a fare la spesa, e cosa vediamo? Cellulari. "Ehy, proprio quello che ti serve!" pensa Madre. Un gentile commesso ci fa notare le offerte, e lì troviamo Lui: Gio. Il modello si chiama proprio così, Gio. E nel giro di 15 minuti entro nel terzo millennio. Un po' traumatico per me. Mai quanto per il gentile commesso comunque, che mi spiega brevemente come fare per non farlo connettere accidentalmente ad internet mentre mi sventolo freneticamente la sciarpa davanti alla faccia come una vecchia signora di campagna a messa, con la faccia viola per lo sbalzo di temperatura fuori-dentro. Leggevo nei suoi occhi il dubbio se chiamare un'ambulanza o no, ma probabilmente il fatto che poi mi sia allontanata sulle mie gambe deve averlo tranquillizzato.
E da quel giorno ho un telefono touch. Che va su internet e compagnia bella.
Ad essere brutalmente onesta devo ammettere che temevo mi sarei trovata molto peggio. Continuo a trovare immensamente più comodi i tasti in rilievo, ma alla fin fine pure così riesco a scrivere. Magari non rapidissima, ma ci sto lavorando. E per il momento non sono ancora schiava dell'internet, quindi ottimo!
Solo il tempo potrà dire se questa relazione è destinata a durare. Finchè promozione non ci separi.
 Alla fine ho deciso che Gio sarebbe stato il diminutivo di Giovanni Muciaccia.
E' da quando ho 10 anni che non lavo la mano che hai toccato. I love you Gio!

giovedì 28 febbraio 2013

SPOTTED:vorreivederelepiramididicheope

Celebrity skin - Hole


Nelle ultime settimane la Gossip Girl presente in ogni studente universitario è uscita allo scoperto. La differenza sostanziale rispetto a prima è che invece che sussurrare commenti sconci al proprio vicino ora se ne può far partecipe l’intero ateneo, in via del tutto anonima.
L’anonimato però pare favorire anche gli animi nobili, che si lanciano in ispirate dichiarazioni d’amore imperituro finalizzate ad incontri in caffetteria.
Così in questo piccolo spazio di rete fioccano i più rudi apprezzamenti
e le più auliche lodi, si passa dal ‘Tu che ti sei presentata in canottiera marrone, bocce vistose. GRAZIE’ al ‘[…]
Mi hai incantato come solo l'amore vero può fare// Mi hai cambiato la giornata tenendomi la porta aperta mentre mi apprestavo ad uscire dall'aula// E' come se ti avessi conosciuto da sempre..// Aprendo quella porta hai aperto il mio cuore, ed è cosa rara// Mi hai travolto come il sole di primo mattino […]’. Che poi come ha fatto a travolgerla se le ha tenuto la porta aperta?
Non v’è dubbio alcuno però che i più sfiziosi siano gli acidi. Gente che si lamenta dell’odore di cipolla emanato dai colleghi alle 9 del mattino, coppiette a cui vengono forniti gli indirizzi di motel a ore, spassionati consigli sull’abbigliamento e sull’igiene personale e chi più ne ha più ne metta.
L’università è davvero un covo di timidi isterici costantemente in cerca di uno sfogo sessuale? E anche se così fosse, è giusto sbandierarlo su internet a volte a scapito di qualcun altro?
Macchissenefrega, è divertente.

Parola di Febbraio: Sorpresa!

xoxo

martedì 12 febbraio 2013

You didn't prove me wrong

5 years time - Noah and the whale

Vi è mai capitato di tornare indietro con la mente e di riuscire ad individuare il momento in cui la vostra vita ha preso una svolta decisiva?
Il mio Momento è stato esattamente il 12 febbraio del lontano 2008.
Era una giornata un po' diversa da oggi, nessuna traccia di neve e neanche troppo fredda, ma con lo stesso tramonto sanguigno. L'aria frizzantina rifletteva perfettamente il clima di eccitazione che si respirava, a poche ore dal mio primo concerto.
A quel tempo non avrei mai e poi mai immaginato che quel giorno sarebbe stato l'inizio di tante cose. Sono sicura di dire la verità quando affermo che la persona che ero 5 anni fa non è la stessa che è oggi, e che se non fosse stato per quel giorno probabilmente non lo sarebbe neanche mai diventata.
Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Altro che acqua, sono passati fiumi, torrenti in piena, le cascate del Niagara, tsunami.
Però a distanza di tutti questi anni sono ancora qui che ci penso, a quel giorno, e non riesco a impedirmi di pensare che forse era destino che conoscessi quelle persone, in quel luogo, in quel modo. Chissà.
Comunque sia, destino o meno, sono felice che quel 12 febbraio 2008 ci sia stato, e di essere qui il 12 febbraio 2013 ancora a parlarne con un sorriso stampato un faccia.


Scusate questo post così sentimentale, ma ogni tanto anch'io ho un cuore.

giovedì 31 gennaio 2013

Il diavolo fa le pentole ma non i brownies

The Chordettes - Lollipop

Quando gli ormoni si impossessano mensilmente del tuo corpo l’unica cosa che puoi fare è conviverci. Questo mese hanno deciso che avrei avuto un prepotente bisogno di cucinare dolci, così ho deciso di assecondarli.
Qualche giorno fa mi sono cimentata nei muffin di carote e nocciole, perché qualcuno è riuscito a farmi sentire in colpa per averli fatti solo una volta. Ringalluzzita dagli ottimi risultati ottenuti ho pensato bene di applicarmi in un’altra ricetta che avevo provato una volta sola in passato e che si era rivelata un fallimento: i brownies.
Quando hai voglia di dolci usare il cioccolato è quasi un obbligo morale, e cosa c’è di meglio di questi piccoli quadratini al cioccolato fondente e cacao? Così tenendo stretta nel pugno la ricetta manoscritta (quando le ricette sono scritte a mano è come se fossero più affidabili. Hanno quel senso di vissuto, di provato, non so) mi sono messa all’opera.
Ho bruciato i bordi e ho fatto una fatica immane a tagliare i quadrotti, ma il sapore era buono.  Solo che la consistenza mi lascia dei dubbi. Devono essere soffici tipo torta? Un po’ pastosi al centro? E’ normale che a tagliarli si crepino tutti? C’è qualcosa di queste delizie che mi sfugge. Non riesco a carpire il vostro segreto, piccole bombe caloriche, ma un giorno ci riuscirò.

 E la parola del mese di Gennaio è: Candid Camera!


giovedì 3 gennaio 2013

Il mio 2012

Somewhere over the rainbow - Israel Kamakawiwo'ole



Avanti con un nuovo riassunto della mia vita negli ultimi 365 giorni! E' da quando ho aperto il primo blog su livespaces che lo faccio, perciò per quanto sia estenuante manterrò la tradizione. Sono una nostalgica, si sa.
Anche se quest'anno non ero mica sicura di riuscire a scriverlo: e se i maya ci avessero azzeccato? Sarebbe stato un gran bel problema lasciare questo mondo senza avervi fatto partecipi dei cavoli miei! Ma anche no.
Pensandoci bene questo non è stato un anno di cambiamenti epocali, ma non è stato un brutto anno.
Ho conosciuto molta gente nuova, e anche qualche vecchia conoscenza persa per strada. Ho passato delle bellissime vacanze estive con delle bellissime persone. Ci sono state tante feste e tanti concerti, e anche un discreto quantitativo di cibo. C'è stato anche tanto studio, ma tanto tanto. Ogni tanto ha fatto capolino qualche momento difficile, più o meno serio. Ho provato delle emozioni nuove, sia negative che positive, che mi hanno insegnato qualcosa in più su me stessa. Alla fine di un nuovo anno ho sempre l'impressione di essere un po' più completa, come se ogni volta si scoprisse una faccia nuova di un dado. Ma non un d20, tipo un d100.
Non mi metterò ad analizzare mese per mese, ma sintetizzando potrei dire che nonostante avessi la sfortuna alle calcagna sono riuscita a cavarmela.
Il 2013 si prospetta come un anno importante. Forse dovrò decidere del mio futuro, anche se non mi sento ancora pronta. Però non voglio pensarci
ora, preferisco godermi il presente, che è inaspettatamente roseo. Merito, tra le altre cose, di un compleanno riuscitissimo, della crema corpo al cioccolato o del mio nuovo ukulele di Spongebob.
Il fatto che il primo giorno dell'anno mi sia svegliata perdendo sangue dal naso e con un livido sul ginocchio sinistro potrebbe essere interpretato come un segnale infausto, ma forse significa solo che mi darò al wrestling.