martedì 25 dicembre 2012

Feliz navidad, EEEH!

Bart's Jingle Bells, un grande classico

Ecco a voi il vincitore di quest'anno del concorso "Migliore pizz' fritt' di Natale"!


Buon natale, e che Dio benedica tutti quanti! [cit.]

lunedì 10 dicembre 2012

Chi controlla i controllori?

Waiting for the bus - Violent Femmes

Quando vedi più di quattro persone intente a fissare gli schermi della stazione sai che ci sarà un problema. Ed infatti ecco i 38 minuti di ritardo del tuo treno, che galleggiano in un mare di 'soppresso'. Proprio oggi che i miei capelli avevano deciso di essere presentabili. Paradossalmente venerdì, il giorno in cui le previsioni ci hanno miracolosamente azzeccato ed ha effettivamente nevicato, ho visto al massimo 10 minuti di ritardo. Il giorno dopo neanche mezzo. 3 giorni dopo c'è l'apocalisse.
Ho smesso ormai da tempo di sforzarmi di comprendere la logica ferroviaria, probabilmente dopo i primi 2 mesi da pendolare. Riconosci gli abituè dei mezzi pubblici dalla rassegnazione che campeggia nei loro occhi all'annuncio dei ritardi, dal lento ricadere in avanti della testa quando guardano l'ennesimo avviso di sciopero, da come sorridono con amarezza quando sentono qualcuno dire 'il treno avrebbe già dovuto essere qui 5 minuti fa, magari è già passato...'.
Dei lati positivi ci sono: con gli anni ho imparato a prendere la forma dell'unico angolo libero sui treni sovraffollati, SO fare surf grazie all'addestramento sulle metropolitane ballerine, sono piuttosto allenata per i 100 metri e per il salto ad ostacoli, e infine spesso i mezzi pubblici sono diventati l'equivalente della mia camera per studiare.
Recentemente ho cercato di sviluppare una teoria che potrebbe rivoluzionare il modo in cui si imbroglia il sistema. Se ti alzi mentre il controllore sta passando per chiedere i biglietti a te non lo chiederà. Anzi, una volta una controllora si è addirittura spostata di lato per farmi passare, sorridendomi. Va bene che era la mia fermata ed in ogni caso avevo l'abbonamento, ma se non fosse stato così? Se non avessi avuto il biglietto avrei semplicemente potuto far finta di dover scendere, aspettando che il controllore passasse oltre, per poi sedermi in un posto più indietro. Purtroppo le prove empiriche sono state solo due, e per quanto avvalorino questa teoria mi rendo conto che non sono sufficienti, se non altro perchè effettuate sui treni di trenord dove il massimo della multa che ho visto fare saran stati 10 euro. Dubito seriamente che a fare una cosa del genere su un treno di trenitalia si riesca a passarla liscia. Però ehy, se qualcuno dovesse provare poi mi faccia sapere com'è andata!

Ad Ajeje Brazorf andò male comunque.

martedì 13 novembre 2012

Streets of rage

Sex and violence - The exploited

Nella vita di una ragazza prima o poi arriva il momento in cui si accorge che il suo deretano non entra più nelle mutande, e così decide di andare a fare spese.
Approfittando del fatto che il mercoledì inizio più tardi perciò stamattina ho accompagnato mia mamma al mercato, perchè di avere le mutande della intimissimi a me non è che me ne freghi poi tanto.
Erano anni che non vi mettevo piede, non ero psicologicamente preparata a quello che avrei trovato.

Capisci di essere in prossimità del mercato quando nell'aria avverti quel misto di pesce fresco, pollo arrosto e formaggio che provoca nausea istantanea. Gli stretti passaggi brulicano di astiosi vecchietti armati di carrelli, che non si fanno problemi a passarti sui piedi. Ogni urto, per quanto lieve e accidentale, provoca scoppi d'ira e fiumane di insulti. Le carrozzine sfrecciano a velocità folli, lamentandosi a gran voce con la persona che hanno appena sorpassato, colpevole di camminare troppo lentamente. Innumerevoli le risse sfiorate per presunti salti di file, che oltretutto provocano spintoni e anziani che rovinano al suolo (o sui pochi giovani presenti, incaricati inconsapevolmente di attutirgli la caduta). Qualsiasi cosa tu desideri come minimo ne riceverai il doppio: "500 grammi di cime di rape? Sono 2 kg e mezzo, lascio?". Ciliegina sulla torta, se hai meno di 70 anni è impossibile evitare sguardi torbidi. 
Il mercato è un posto per veri duri.

martedì 16 ottobre 2012

Cose che non volevate sapere

A message to you Rudy - The specials

1) Esiste il "Preparato per frittata". Se non l'avessi visto coi miei occhi alla Coop non ci avrei mai creduto. Questo implica anche l'esistenza di persone troppo pigre da non trovare neanche la forza di rompersi due uova in un padellino?

2) Proseguono imperterrite le repliche di Grey's anatomy su Italia1. Per un risveglio all'insegna del buonumore e della spensieratezza!

3) Max Pezzali, l'idolo della canzone italiana dei gloriosi anni '90, si è dato al rap. Ormai lo si può vedere su mtv, vestito da giocatore di baseball americano, a cimentarsi in improbabili fraseggi da ggggiovani. E' più gggggiovane adesso di quando cantava "Hanno ucciso l'uomo ragno". 

4) C'è almeno una persona su questo pianeta che ti odia senza che tu lo sappia.

5) Il tamburello, oltre ad essere uno strumento musicale molto folkloristico, è uno sport. Viene praticato da abbronzatissimi uomini in attillati costumini a mutanda in spiaggia (non solamente, ma la partita che mi è capitato di vedere si svolgeva lì) che si lanciano una pallina facendola rimbalzare su dei tamburelli, appunto. Praticamente è come tennis, ma in mutande. Non vedo l'ora che si diffonda come nuovo trend della prossima estate.

6) Il colorante rosso indicato con il numero E120 viene ottenuto da un insetto chiamato cocciniglia. Se andate a cercare l'immagine di una cocciniglia poi controllerete sempre le etichette di ciò che mangiate.

7) Il gelato al pistacchio è difficile da fare. Perciò amico gelataio, se non lo sai fare bene, NON farlo. Per favore.

8) Starnutire troppo forte può causare la rottura di costole o il distaccamento di pezzi di polmone. E' un'ottima cosa da sapere all'avvio della stagione dei raffreddori!

9) Solo perchè tu non lo vedi, non significa che non ci sia un ragno molto vicino a te.

10) Federico Moccia, il celeberrimo autore di bestsellers quali "Tre metri sopra il cielo" (che mi è stato molto utile qualche sera fa quando ho dovuto schiacciare una zanzara) e "Scusa ma ti chiamo amore", è sindaco. Credo che con questo blog potrei seriamente considerarmi per una candidatura a presidente della repubblica.

lunedì 27 agosto 2012

Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio cocco

Bad things - Jace Everett 

I miei sono tornati ieri sera dalla Puglia, portando con sé ogni bendidio. Grazie al cielo non sono allergica ai latticini, sennò avrei solo potuto guardare la mia famiglia divorare mozzarelle e stracciatelle con immensa invidia. Mi han raccontato di una sagra a cui sono stati dove lanciavano nodini (tipo di mozzarella annodata che si mangia sfilacciandola, ndr) in mezzo alla folla. Ah, quanto è superiore il sud!
E così la mia casa è tornata piena, siamo al completo. Mi ci vorrà un po' ad abituarmi, ormai da tre settimane gli unici abitanti di questo posto erano i ragni, ed io saltuariamente. E un nido di api, ho scoperto recentemente. Insomma, bestie. Io ho passato il tempo per lo più dalla mia dirimpettaia, a ben 7 saltelli di distanza da casa mia, forse anche perchè la cosa mi faceva sentire ancora in vacanza.
Come se non bastassero il libro di cinese perennemente aperto, il caldo umido soffocante o il fatto che la mia pelle non è più del color cioccolata che mi sono faticosamente guadagnata in due settimane di mare a ricordarmi che sono tornata nella triste provincia milanese! Tra l'altro sto seriamente facendo la muta, sono una decina di giorni che mi spello come un pomodoro bollito e non capisco perchè. Probabilmente ho distribuito mio dna in tutta l'italia nord orientale con i miei ultimi vagabondaggi ferroviari, presto verrò clonata. E credetemi quando vi dico che questa non sarebbe affatto una buona notizia.
Sono un po' nostalgica, ma immagino che sia normale in questo periodo dell'anno. In sintesi non ho nulla di che da scrivere, avevo solo voglia di scrivere qualcosa. Vi capita mai? Una sorta di urgenza, un istinto incontrollabile, come una fame vampiresca.
Mi sono messa a seguire True Blood, perchè era l'unica cosa che la mia vicina aveva già sul computer. Non è male come telefilm, se non lo prendi seriamente. Sembra sempre un po' tutto legato al sesso, e ormai ho perso il conto di quanti sederi e quanti seni si son visti, però mi fa fare un sacco di risate (ho un senso dell'umorismo un po' distorto, nel caso qualcuno se lo stia domandando).
Ah ecco cosa ci tengo a dire: non mi piacciono i girasoli. Li trovo sproporzionati, non riesco a capire cosa la gente ci trovi di bello. Si magari attira il significato, il fatto che siano dei fiori che prosperano al sole e lo seguono, blablabla, ma a dirla tutta a me sembrano bruttini. Con un vampiro morirebbero, tanto per dirne una.
Ho cominciato parlando di prodotti caseari pugliesi e ho finito con vampiri e girasoli. Non male eh?
Ah se ve lo state chiedendo si, probabilmente andrò all'inferno per la blasfemia del titolo di questo post, e di nuovo si, l'ho detto veramente distribuendo del cocco. Ma non essendo battezzata magari finisco nel limbo, chissà. 

venerdì 20 luglio 2012

Ognuno ha il tormentone estivo che si merita

Milanesi al mare - The Zen Circus

Una valigia gigante giace aperta sul pavimento della mia stanza, ormai da qualche giorno, occupando una considerevole area altrimenti calpestabile. Le sue interiora multicolori strabordano, raffazzonate alla bell'e meglio, di quando in quando tirate fuori o rimesse dentro. Praticamente è un film horror per valigie, e io sono il chirurgo sadico che la sta torturando.
Non trovate anche voi sgradevole fare i bagagli? L'ansia di dimenticare qualcosa di fondamentale (avessi un penny per tutte le volte che ho scordato lo spazzolino), il verificare di aver messo un cambio di vestiti per qualsiasi occasione e condizione climatica (il che comprende dall'uscita elegante all'alluvione), il fatidico momento della chiusura (dove tutte quelle ore passate da tua mamma a giocare a tetris si riveleranno decisive), tutto questo e molto altro la rendono una pratica un po' ostica.
Però mi ci abbandono volentieri questa volta, perchè ho una voglia matta matta di partire. Quest'anno ritorno agli albori, dove da piccola mi piaceva trascorrere le estati: un paesino sulla costa veneziana, vicino al mare e con ottime gelaterie. Già allora mi rendevo conto delle potenzialità del posto, ma a 10 anni starci un mese con mia zia era il massimo a cui potessi aspirare. Una volta raggiunta l'età per osare un po' di più cominciò a diventare arduo trovare posto, dato che l'appartamento era conteso tra i cugini adolescenti. Finalmente tra una cinquantina di ore ci tornerò, addirittura senza parenti, per un paio di settimane. L'idea di avere il mare a 10 minuti di pineta mi sembra un sogno, ormai ero abituata a svegliarmi alle 6 e a fare due ore di mezzi per vederlo in liguria. Ho un sacco di beeeeei ricordi legati a quel luogo, speriamo di collezionarne di nuovi.
Prima di partire però c'è da fare una capatina ad un'evento che attendo da svariati mesi: il Rock in IdRho. Sono giorni che mi ritrovo a ballare le canzoni dei Rancid qualsiasi cosa faccia, sprizzo letteralmente eccitazione da tutti i pori! Sarà per questo che da una settimana non riesco ad addormentarmi prima delle 2 e mezza del mattino? Beh comunque sarà una colossale figata, e speriamo che le previsioni del tempo abbiano toppato perchè prevedono grandine in serata. Ho sempre detto che mi sarebbe piaciuto un concerto con la pioggia, ma dieci ore sotto pioggia e grandine mi pare un po' troppo.
Tra festival e partenze sto andando in sovraccarico di energia, e neanche l'ultimo sciopero di Trenitalia riuscirà ad abbattermi (però cristo santo, trenitalia, mobbastaveramenteperò)! Ma sarà meglio che smetta di pensarci, sennò stanotte non si dorme. Questa milanese se ne va al mare, come le consiglia Appino - che ha i capelli come i suoi e
che ha toccato la sua penna solo qualche settimana fa -, e augura a tutti un buon proseguimento d'estate con i programmi di qualche altra rete.
  
 Tutti sotto questo sole
il sole del lavoratore
           come milanesi al mare          
   che ora basta devo andare.

                                                                             

martedì 3 luglio 2012

Una serie di sfortunati eventi

Freak - Samuele Bersani
(Non c'entra granchè col post qui sotto, ma è una canzone nella quale mi riconosco molto e che mi fa tanto estate. Chi non avrebbe mai lasciato tutto per seguire un corso di campana tibetana?)

In queste ultime settimane sto notando una buffa alternanza di sfortuna e scelte sbagliate nella mia vita quotidiana, anche se a volte sono conseguenze l'una delle altre.
Credo di poter far risalire l'inizio di quest'infausta congiunzione a quando mi hanno rubato il cellulare. Errore: lasciarlo in una tasca troppo esterna della borsa, anche se ce l'ho sempre avuta di fianco quindi ancora oggi non mi spiego quando sia sparito. Sfortuna: si è volatilizzato nel giro di 10 minuti, ed ero ad un centinaio di km da casa. Conseguenza: beh non posso comunicare col resto del mondo.
Già il giorno seguente arriva un'altra sfortuna: sciopero nazionale dei trasporti. Sono bloccata a quel centinaio di km da casa, e per avvisare la famiglia sono costretta a scroccare telefonate al mio ospite (sfortuna sua, in questo caso, che mi deve sopportare 24 ore in più del previsto). Errore: accontentarmi di parlare con mio fratello. Sfortuna: il cellulare del mio ospite non riceve le chiamate di mia madre. Conseguenza: litigata furiosa con la famiglia.
Riesco a tornare a casa. Errore: aver indossato la mia collana col simbolo della pace (ho anche gli orecchini, ma non li ho presi al mercatino dei freak e non li avevo indosso in quel momento) il giorno prima. Sfortuna: ne sono terribilmente allergica. Conseguenza: passo la notte sveglia a cercare di non scorticarmi il petto, in compagnia del mio amico ghiaccio. Se volete fare un dispetto ad un vostro nemico augurategli una dermatite da contatto, vi assicuro che anche se non letale è davvero fastidiosa. Mi son goduta l'alba, e ho scoperto che verso le 4 e mezza del mattino escono un sacco di gatti in questa zona.
 L'alba

Nel complesso sono stati 3 giorni allucinanti, perciò pensavo di aver fatto il pieno di sfighe. Ah, se mi sbagliavo!
Sfortuna: per lavori che vanno avanti da un mese ci sono dei binari bloccati, perciò per arrivare a milano bisogna cambiare un paio di treni. Che sono in ritardo, perennemente. E mi si è smagnetizzato l'abbonamento della metropolitana. Errore: programmare le uscite con gli amici in centro, alle 3 del pomeriggio, e camminare tutto il giorno. Conseguenza: Caldo, disidratazione, rischio svenimento e invettive contro i mezzi di trasporto. Però in una di queste uscite sono andata a vedere la bella e la bestia in 3D perchè un mio amico aveva un biglietto gratis, e questa è stata una fortuna mica da poco.
L'ultima della mia serie di ielle è molto recente. Sfortuna: al concerto che aspettavo da settimane non ci posso andare. Errore: consolarmi bevendo come una spugna. Conseguenza: che ve lo dico a fffare. Nottata pazzesca comunque!
 Credo fosse il soffitto. In ogni caso lo scopo di questa foto mi è tuttora completamente oscuro.

Per il momento la serie finisce qui. A ben pensarci la maggior parte di quello che mi è successo, preso singolarmente, non è così sconvolgente. E' il fatto che si sia svolto tutto nell'arco di una decina di giorni che mi lascia basita! Perciò chiunque tu sia che hai una bambolina con le mie sembianze coperta di spilli e sangue di pollo, parliamone dai.  

giovedì 21 giugno 2012

Solstizio d'estate


Non so bene da quale parte del mio cervello sia scaturita questa canzone, ma mentre tornavo a casa stasera, tenendo le dita incrociate per evitare l'acquazzone beccato ad un paio di stazioni di distanza, questa melodia continuava a rimbombarmi nelle orecchie. E no, non era l'mp3, dato che giusto una ventina di minuti prima aveva deciso di scaricarsi -quel traditore-.
In effetti era una colonna sonora perfetta per il momento. Immaginatevi di camminare lungo una strada semi deserta, col tramonto alle spalle e l'estate davanti a voi. Gli esami sono finiti, il caldo ha appena cominciato a diminuire un po', la gonna svolazza felice alla tiepida brezza della sera e state per prenotare le vacanze. Fa sentire parecchio liberi, non trovate?
C'è una discreta voglia di nonsense. AHAHAHAHAHAHAHAHAH!! [cit.]

sabato 2 giugno 2012

“Ma tanto non ti fanno niente!” “Invece si, mi fanno schifo.”


Esistono tanti tipi di paure più o meno giustificabili a questo mondo. Temere ciecamente una valanga di neve se abiti a Honolulu è piuttosto insensato, così come aver paura di essere attaccati da una anaconda a meno di non trovarsi in un rettilario poco controllato, o rabbrividire alla vista di una banana. Eppure chi può dire di non avere una paura irrazionale? Naturalmente ci rendiamo conto che non c’è nulla di cui essere spaventati realmente, ma qualcosa nel nostro inconscio ci spinge a sudare come beduini nel deserto al solo pensiero di fronteggiarla. Ho notato che spesso queste paure coinvolgono insetti. Tra i più comuni annovererei le cimici, le farfalle, i vermi e le api (caso controverso quello delle api, perché dopotutto quelle se le fai incazzare si vendicano in modo poco piacevole, quindi in fondo averne paura può essere giustificabile). Nel mio caso, molto banalmente, il terrore viene scatenato dai ragni. Non ho idea del perché, forse ho subìto un trauma da piccola, magari me ne sono ritrovata uno nella culla una sera che mi fregava il latte dal biberon, ma so che se ne vedo entro nel panico. In realtà ho fatto grandi progressi nel corso degli anni, ormai quelli grossi come capocchie di spillo riesco a farli fuori senza particolari problemi (le dimensioni contano, gente!), anzi mi sento anche un po’ in colpa perché in fondo quel piccoletto si trovava solo nel posto sbagliato al momento sbagliato. La parte razionale del mio cervello sa che quell’insetto zamputo in realtà non può farmi nulla di male, anche perché se lo vedo significa che sono sveglia e in grado di fermarlo nel caso gli venisse voglia di infilarmisi in bocca o nel naso, ed in più qui non sono neanche velenosi. E allora perché scorgendo anche solo di sfuggita la sagoma di un aracnide -anche in foto, ahimè- vengo presa dall’incontrollabile impulso di darmela a gambe? Boh. Però in caso di necessità estrema, tipo essendo in casa da sola e vedendo un ragno avvicinarsi a grandi passi al mio comodino, bisogna farsi forza e prendere una paletta.
E per quanto molte delle persone a cui ho raccontato la mia eroica impresa abbiano reagito dicendomi ‘eh ma quelli con le zampe lunghe non valgono gnegnegne!’ io continuo ad essere piuttosto fiera delle mie gesta.
Il mattino seguente a quella giornata storica ho avuto il piacere di fare la conoscenza di un altro esserino che trovo piuttosto repellente: una scutigera. Per quanti di voi non lo sapessero una scutigera è…no non la metto l’immagine, cercatevela voi che a me fa troppo schifo. Dico solo che ha 15 paia di zampe. Io sbarello già con 4, quindi immaginatevi la mia gioia nel doverne gestire più del quadruplo. Probabilmente neanche per lei sarà stato un bello spettacolo vedermi a quell’ora del mattino, e posso capirla, ma cara amica scutigera, non potremmo trovare un compromesso? Tu mangi i ragni, giusto?
..però allora perché ce ne sono così tanti in casa mia? C’è qualcosa che non torna, e io della politica del ‘tutti o nessuno’, quando si parla di insetti, preferisco di gran lunga il secondo termine.

domenica 20 maggio 2012

Oddio cos'è successo a blogger?



Mi sto grattando il naso e sento ancora sulle dita odore di spezie, nonostante i ripetuti lavaggi. Ieri sera sono evasa di casa, per la prima volta senza alcun motivo universitario da così tanto tempo che non mi ricordavo più come si usava la matita per occhi, ed è stato fantastico. Sono stata al ristorante eritreo, dove forchetta e coltello non si usano, il che rende il cibo ancora più soddisfacente da mangiare secondo il mio punto di vista. Ultra consigliato ai grandi gruppi e a chi apprezza i sapori speziati e piccantini. Ma sarà meglio fermarmi qui, prima che questo post diventi una recensione di tripadvisor.
A proposito di ciò, qualche settimana fa ho visto un film chiamato Julie&Julia in cui una ragazza si impegnava a replicare tutte le ricette del libro di cucina francese della sua eroina culinaria, raccontando la sua esperienza in un blog. L’idea mi è sembrata subito interessante da copiare, anche perché così questo blog avrebbe senso di esistere. Poi però mi sono resa conto che probabilmente non avrei la costanza di portare a termine un progetto tanto ambizioso, e che mia mamma nel frattempo sarebbe diventata una palla di grasso (perché naturalmente mi sarei buttata su un ricettario di dolci) e non ne sarebbe stata affatto felice. Perciò continuerò ad usare questo spazio per scrivere cose che non interessano a nessuno come ho sempre fatto, come ad esempio che mercoledì ho tolto il piumone o che non ho ancora scoperto per quale motivo alle 5 del pomeriggio la mia vicina fino a qualche giorno fa ascoltava i coldplay mentre io cercavo di non piangere studiando cinese.
Ero partita con l’idea di scrivere un sacco di cose belle ed interessanti e sono finita a parlare per lo più di cibo. E volevo scrivere anche una bella conclusione che si ricollegasse a tutto quanto e che desse un senso globale alle parole raffazzonate lassù, ma è ora di merenda e giù c’è il gelato.

P.s: A quanto pare c’è stata un’altra scossa di terremoto proprio mentre scrivevo queste parole, ma io non me ne sono avveduta. Meno male che c’è la community di facebook, che premurosamente ti avvisa in tempo reale. Ho trovato anche post risalenti alle 4 di stanotte, ma mi auguro vivamente che quelle persone fossero casualmente sveglie e connesse in quel momento. Altrimenti hanno proprio bisogno di rivedere le loro priorità [cit.].

venerdì 20 aprile 2012

La pioggia è comoda e buffa, non ha pubblicità



E’ credenza comune che si parli del tempo quando non si hanno argomenti di conversazione. Stasera non è che non abbia nulla da dire, e non sto neanche cercando di riempire questo blog con una manciata di parole tanto per farlo sentire meno solo. Voglio proprio  parlare del tempo.
Abbiamo ormai superato la metà di Aprile, e fuori sembra di stare ad Ottobre.  Ho dovuto riesumare i maglioni dall’armadio oggi, ditemi se non è una cosa triste. Mi ricordo che i parziali di questo periodo l’anno scorso li ho dati che ero quasi abbronzata, mentre se provassi a studiare all’aperto ora probabilmente li darei con la broncopolmonite. Insomma, l’insoddisfazione è palpabile.
Nelle ultime due settimane ho notato 3 condizioni atmosferiche prevalenti:
1-  La calma prima della tempesta: il cielo è plumbeo, ma non si sa come e non si sa da dove spunta beffardo un raggio di sole. In realtà è solo affacciato alla finestra, tra poco la chiuderà e si godrà lo spettacolo dei terresti che si affannano a ripararsi dall’acquazzone, comodamente seduto nel suo soggiorno di nuvole, protetto da uno spesso strato di grigiume nebuloso. Piccolo bastardello di un raggio di sole.
2- Cielo a pecorelle, pioggia a catinelle: forse più che catini sono vasche da piscina olimpionica, e chiunque ce le riversi addosso dev’essere particolarmente incacchiato. In situazioni del genere trovarsi per strada con delle All star ai piedi può essere devastante, fidatevi.
3- L’incertezza: probabilmente la più odiosa delle circostanze. Si identifica con quel momento in cui non sai se devi aprire l’ombrello o no perché sì piove, ma poco poco poco. Ti guardi in torno per vedere se c’è qualcun altro che ce l’ha aperto così da non sembrare l’unica cretina che si spaventa per 2 gocce di pioggia, e puntualmente la strada è deserta. Risultato? Prosegui spavaldamente con l’ombrello che penzola inerte dal tuo fianco per qualche metro, magicamente trasformata dalla maculatura di pioggia sui pantaloni e dal volume dei capelli triplicato dall’umidità in una star glam rock degli anni ’70. Poi ti ravvedi (o vedi il tuo riflesso in una vetrina), te ne freghi del consenso degli altri, e apri l’ombrello. E smette di piovere.
Si mormora che il maltempo ci abbandonerà tra qualche giorno, e io voglio avere fiducia negli omini delle previsioni meteo. Qui sulla Terra abbiamo bisogno di sole e caldo, perché con tutta questa pioggia non abbiamo più una scusa valida per non studiare.
 Non ho idea di dove io abbia scattato questa foto.

lunedì 9 aprile 2012

Addirittura una foto? Addirittura una foto.

Lei, lui, Firenze - Brunori Sas

Bilancio di Pasquetta: chiazza d'erba sui pantaloni all'altezza del ginocchio destro causata da uno slancio d'intraprendenza nel recuperare il pallone, 3 unghie spezzate giocando a frisbee, lividi, vesciche sui piedi, ustione di primo grado a naso e guance con abbronzatura alla turista tedesca (segno della maglietta a maniche corte) con il braccio destro più scuro di un paio di toni rispetto al sinistro, un quarto di torta ultracalorica avanzato e ritornato alla creatrice. Insomma, è stata veramente una pasquetta tradizionale. Faccio parte di quella fetta di popolazione italiana che adora i picnic e che quando si trova in un parco diventa improvvisamente sportiva, perciò sono appagatissima da queste festività.
Per il resto devo dire che mi sento serena come non mi succedeva da tempo. Sarà la bella giornata di oggi, la primavera, i sassolini che dopo molto tempo mi son tolta dalle scarpe o l'aver rivisto il cartone de 'La gabbianella e il gatto', ma mi sento leggera leggera tanto che potrei volare via.
"Si, sull'orlo del baratro ha capito la cosa più importante" miagolò Zorba.
"Ah sì? E cosa ha capito?" chiese l'umano.
"Che vola solo chi osa farlo" miagolò Zorba.

Da sinistra due signori che chiacchierano; Davidesieg che contro ogni pronostico ha partecipato alla partita di calcio; Cori coi suoi bellissimi capelli fiammanti; la sottoscritta che è entrata nella foto per un pelo perchè stava sistemando la fotocamera; superspecial guest star Francy *gesto del telefono*, abile nei tiri di testa; Fra la mia compagna di giochi che ha dovuto indovinare supermario; Ste che fa l'occhiolino, sfortunato a carte ma fortunato in amore; Sonia coi suoi nuovi occhiali hipster/da Arisa/da vecchietto di Up.
Uh che didascalia lunga!

martedì 13 marzo 2012

Quando non sai cos'è, allora è jazz

Love Remains - Bobby Watson

Guardo verso il palco. Un pianoforte, un contrabbasso, un sax ed una batteria un po' anonimi, immersi in una luce calda che si riflette sugli strumenti facendoli luccicare.
E' principalmente la curiosità che mi ha portato ad uscire in questa tiepida serata di marzo. A Bollate si tiene la sedicesima edizione di un festival di jazz, mio papà e mio fratello vi hanno già partecipato negli anni precedenti e son sempre tornati soddisfatti, in più per i giovini c'è un super sconto. Perchè no, insomma. Dopotutto la mia conoscenza del jazz si limita agli Aristogatti, e male che vada lì si fermerà.
Mentre attendo l'inizio mi guardo intorno, anzi in basso perchè siamo un po' sopraelevati, e mi stupisco nel vedere un considerevole numero di giovini. Ingenuamente mi aspettavo un pubblico di matusa intellettualoidi e pure un po' snob.
Ma le mie osservazioni vengono presto interrotte, si abbassano le luci e fanno il loro ingresso 4 uomini di colore. Stranamente loro invece rispettano la mia immagine mentale del jazzista: completo scuro con farfallino, o dolcevita scuro con giacca e cappello. Quando parlano hanno la voce dei neri, un po' rasposa e profonda. Le chiacchiere durano pochissimo, è ora di far parlare la musica.
Attaccano, ed improvvisamente tutto si tinge di bianco e nero. Sono al tavolino di un bar, con una lampada dalla luce bianca fortissima che illumina un bicchiere di una qualche non ben identificata sostanza alcolica. Sono tornata indietro di più di mezzo secolo, ed intorno a me ci sono gangster in giacca e cravatta col cappello sulle ventitrè che parlottano foschi tra di loro. I pensieri mi arrivano come una voce fuori campo, dal tono basso, affascinante e beffardo. Anche la lista della spesa potrebbe sembrare il linguaggio in codice per parlare del prossimo colpo in banca.
Cambia il pezzo, e da quel bar chissà come mi ritrovo in un grande salone agghindato e lustro, a ballare con uno sconosciuto alto ed elegante. Sono nella pista da ballo di una nave (molto probabilmente il Virginian), infatti si oscilla un po'. L'atmosfera è gioiosa, sembra che tutti si stiano divertendo, specialmente il pianista..
Mi risveglio un po' da queste fantasie, inconfutabile sintomo della mia mente facilmente suggestionabile, e presto attenzione agli strumenti. Non si sente la mancanza di una voce, perchè il sax ha qualcosa di profondamente umano nel suono. E' incredibile come sembra che ognuno parli una sua lingua, insegua una sua personale melodia, e sorprendente scoprire come in realtà poi queste quattro voci si fondano meravigliosamente bene. E' come se un italiano, un inglese, un cinese ed un russo discutessero tra di loro ognuno nella sua lingua madre, e poi iniziassero tutti insieme a cantare in portoghese! Forse l'esempio non è proprio calzante, ma la mia formazione scolastica questo mi fornisce.
Esco dall'auditorium appagata da quello che ho scoperto. Ci sono altre 2 serate in programma, sono proprio curiosa di vedere cosa mi proporranno. Come per qualsiasi genere musicale esistono vari stili, e adesso sono ancora più motivata ad approfondire questa conoscenza.